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Busses.

Il Garolfo si accomoda disciplinato al proprio posto e prende ad annusare e guardarsi attorno. I sudditi di Sua Maestà salgono ordinatamente passando il titolo di viaggio sul lettore giallo, mostrando il biglietto all’autista oppure racimolando le monetine per acquistarne uno. Per i furbastri che pretendono di viaggiare a spese del prossimo, spazio alcuno. Tutti scivolano senza indugio lungo il corridoio o salgono la scala, facendosi fagocitare, in quest’ultimo caso, dal panoramico piano di sopra. Accomodàti, leggono il loro libro o armeggiano (le signore con fare spiccatamente delicato) sullo smartfon, incuranti delle folate di movimento che il tragitto e lo stile di guida portano con sé. Oppure scambiano un paio di parole, quasi sussurrate, con il vicino di posto. Il capostipite di un manipolo di turisti italici strizza l’occhio alla propria truppa quasi a voler dire: “mò vedete che ve faccio scenne dalla porta anteriore“. (“ghe pensi mi“, in pillole). Intendimento stroncato sul nascere da un cenno cortese, ma fermo, del conducente. Si scende dalla porta centrale, questa è la regola. In quanto tale, accettata con sgomento, sorpresa e rassegnazione dagli amici connazionali, il cui condottiero appare scornato come un vecchio camoscio durante la stagione degli amori.

Il Garo osserva come, a bordo dell’autobus rosso, dimori un ecosistema temporaneo e mutevole ordinato e variegato. Dal ragazzino con i pantaloncini corti e la sacca da atletica, alla mamma con passeggino e cuffietta, alla vetusta signora con capelli turchini, rossetto e bastone in mogano, al distinto quarantacinquenne dalla forma impeccabile, con valigetta che custodisce chissà quali vitali documenti per l’economia mondiale. La veduta, al di là del vetro, non è filtrata da sudiciume o rappresentazione artistica alcuna, tipici dei variopinti suk viaggianti della Repubblica Fondata sul Lavoro. In strada, un flusso di traffico vivace cadenza i minuti di viaggio. Punteggiato da molti autobus, moltissimi taxi, pochi mezzi privati (biciclette a parte), che si muovono su un tappeto bituminoso lindo. Al quale, le cacche di cane, le cartacce e i mozziconi di sigaretta, paiono sconosciuti. Ma questo potrebbe essere un ulteriore, affascinante argomento per tutt’altra storia.