Il Garolfo, nel destreggiarsi tra i lievi saliscendi della mezza, pensa alla tripla fatica cui deve sottoporsi l’italico podista. Il quale, oltre ai patimenti fisici, è tenuto a cimentarsi in autentici slalom acustici ed olfattivi. I propri simili automuniti, infatti, non non tollerano nella maniera più assoluta la chiusura domenicale di una strada/piazza/vicolo/mulattiera/sentiero/carrugio per un paio d’ore. Inondando il percorso di gara con un concerto mononota di clacson e con gas di scarico a profusione (se si spegne il motore quando si è momentanemente fermi ad attendere quei quattro zotici che si credono Mennea, c’è il rischio che si raffreddi). Il Garo non pretende certo che a bordo strada (come sovente accade fuori dal “Bel” Paese), ci siano centinaia di persone ad incitare un manipolo di tapascioni come lui. Ma non disdegnerebbe neppure che i bipedi con auto sotto il didietro, si astenessero quantomeno dallo sbattere disperati le braccia sul volante e dall’indirizzare a volontari, organizzatori e podisti, gli epiteti più coloriti. Al Garolfo piace pensare che tutto questo veleno, in fondo, non sia il prodotto della totale assenza di cultura sportiva. Ma solamente del timore che il ritardo accumulato causi lo quagliarsi dello spezzatino della suocera, e con esso del matrimonio. O non consenta una tempestiva sintonia con “Scai” TV per la partita domenicale di pallone.
Accantonati infine i faticosi pensieri, il Nostro taglia il traguardo, stanco ma felice. Con un ultimo pensiero da rivolgere ai vicini cittadini europei. Al loro senso civico ed alla loro cultura dello sport per tutti. Così geograficamente vicini. Ma (ancora) così idealmente lontani.