Archivi del mese: dicembre 2017

Traversine.

treno

Il Garolfo osserva la catasta di traversine di legno, quelle maleodoranti di idrocarburi, ma tanto più romantiche delle loro successore in cemento armato. Giacciono là, ai bordi del binario morto. Coperte, alla buona, da un telo verde ed in attesa del loro ultimo viaggio verso destinazione ignota. Prima di attaccare il predellino, il Garo lancia un’ultima sfuggente occhiata alla banchina, ove un numero indefinito di individui in attesa e col viso blu displei, tiene lo sguardo basso sul proprio còso da lisciare col dito. Come se tutto quel che si stagliasse a due, tre, cento metri, fosse ivi racchiuso. Assieme alla rimanente fauna, flora ed oggettistica che popola il mondo. Il Garo percorre la pancia del serpente ferroso alla ricerca di un posticino, schiacciando pulsanti che aprono porte sferraglianti che dànno accesso a quel limbo tra le carrozze fatto di aria gelida, pedane sbatacchianti e viste sulla massicciata. Transita quindi accanto alla variegata umanità che assume la forma dei seggiolini sui quali s’adagia. Chi dorme, chi legge, chi ulula al telefono a che ora arriverà, chi lavora. O finge di farlo. Il Nostro giunge a destinazione. Posto finestrino. Si interroga, per qualche secondo, se a muoversi sia il convoglio che ha sotto il posteriore o quello accanto. Dandosi, alfine, una risposta. Sospira. Giudicandosi a totale proprio agio sul suo mezzo di trasporto preferito; quello dove puoi raccontare vite a sconosciuti che non incontrerai mai più. Ora l’amico treno corre liscio, silenzioso e veloce lungo la pianura anonima. Piove. Una gocciolina spunta improvvisa facendosi avanti, lungo il finestrino in corsa. Tremolante e timida, lo attraversa tentennando. Facendosi, infine, in un angolo. Fino a scomparire, impavida ed ebbra per l’impresa. Come il pensiero di una sera.