Archivi del mese: luglio 2011

Sapore di.

Il Garolfo si gode lo iodio frammisto alla brezza serale e si prepara ad appropinquarsi al desco, gradevole e necesario rito della parentesi vacanzier-marina. Tutt’attorno, clienti italici e no, che si distinguono tra loro per le chiome (bionde e no) e per la quantità di strepiti, capricci e decibel emessi da bimbi e loro genitori (rigorosamente nostrani). Gli attempati vicini di tavolo, (ribattezzati George e Mildred), vomitano le proprie tossine maturate in un’ostile ambiente urbano, sui malcapitati camerieri.

Gli spaghetti sono Scotti (ovviamente, Mildred, non si riferisce all’azienda che del riso ha fatto il suo core business).
Tiramisu mezza porzione sennò se Lo riporta indietro.
Oggi niente dessert, sono al limite. Non so lui (riferendosi al marito. Ma forse, Lui, il limite lo ha raggiunto e pure superato…).
Queste sarde sono fuori misura.
Cortesemente lasci il pepe in tavola perchè noi lo usiamo sempre.
Se è minestrone deve essere minestrone e non deve avere la pasta.
In questa zuppa di pesce ci sono pochi crostini.
Un cappuccino nero senza schiuma (che per i comuni mortali si chiama caffè americano o caffelatte).

Il Garo ode, annota, ed abbozza un sorriso alla cameriera. Scommettendo sull’ordinario menù casalingo della caustica coppia. Lunedì: formaggino Tigre; martedì: idem; mercoledì: formaggino Susanna; giovedì: Philadelphia (light) con pane in cassetta; venerdì: pastina in brodo; sabato: pasta in bianco; domenica: riposo.

Perchè anche al Nostro, di tanto in tanto, piace vincere facile.

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Miasmi.

Il soggiorno in penombra, la tenda abbassata sul terrazzo, a cui si accede attraverso una porta dalla quale ciondolano e sbatacchiano sottili cinture di gomma colorata animate dalla calda brezza estiva. Dal cortile abbacinato dal sole si arrampicano le grida dei ragazzini, finalmente liberi di scorrazzare nel pascolo urbano. Ci sono pure il ventilatore a soffitto, il frigo americano, una avvenente ragazza caraibica con la pelle olivastra umida di rugiada che porge ammiccando una birra ghiacciata da mezzo.

Per il Garolfo, poco immaginaria e drammaticamente reale  è invece  la programmazione estiva della Tivvù dello Stato. Un giardinetto rigoglioso e fiorito di immagini in bianco e nero, reload, rewind, story, a grande richiesta, collection, magazine, Grandi Ritorni, Dadaumpe, Estati in diretta (nel timore che le Vite  siano ancora troppo appese ad un filo). Tutto è più fresco, leggero e già visto. Gli unici a non risentire della bella stagione sono i titoli del Tg1, per il quale l’anticiclone delle Azzorre staziona dalle nostre parti 365 giorni all’anno (con i suoi intrighi reali, matrimoni sott’acqua, Osservatòri di Milano, candide spiagge e cinghiali genovesi). Da qualche anno, finalmente, anche gli Alti Dirigenti della Prima Azienda Culturale del Paese hanno infatti capito che la Televisione Differenziata è il principale indice di sviluppo di un paese avanzato. Nell’incapacità di farsi largo nei cumuli di munnezza, si riciclano i programmi (da qualche parte si doveva pur cominciare). Nel Regno del Càtodo, i contenitori abbondano: ma non sono di plastica e men che meno di soli tre colori come i cugini cassonetti (azzurro, giallo, verde). Al contrario, possono essere disseminati a decine nei palinsensti: variopinti, profumati  e seducenti come pappagallini amazzonici. E come accade con quelli di plastica, qualche indigente (alla disperata ricerca di avanzi), vi può precipitare dentro. Con il rischio di ebbrezza da miasmo e ribaltamento tra le fameliche fauci dell’autocompattatore di turno.