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Vespe & Vespe.

vespaIl Garolfo ascolta il programma radiofonico preferito del mattino e legge incuriosito alcuni messaggini da 140 caratteri. “Fiorello vittima di un incidente stradale, s’è scontrato con un pedone”. “Paura per Fiorello, incidente stradale a Roma”. “Fiorello cade e investe pedone”. “Fiorello cade con il motorino e finisce al pronto soccorso”. “Incidente stradale per Fiorello, notte tranquilla a Roma”. “Fiorello, l’incidente in moto che fa impazzire i social”. Il Garo stacca per un secondo gli occhi dal displei, e pensa. Pensa a come i “social” (ammesso che lo siano davvero…) non siano impazziti a causa del sinistro in sé. Rispetto al quale, sia colui che l’ha (colposamente) causato sia colui che lo ha (sfortunatamente) subito, meritano gli auguri di prontissima guarigione. Bensì a causa del come gli organi di informazione (e pure di intrattenimento),  lo hanno raccontato. In maniera edulcorata, approssimativa, ossequiosa, poco professionale. In un Paese ove il rispetto delle regole risulta spesso un accessorio, spiace rilevare le occasioni in cui i media perdono l’opportunità di rinfrescarci alcuni precetti del vivere quotidiano (tra i quali quelli della circolazione, scritti nel Codice della Strada). Il tema secondo il quale l’informazione debba avere funzione educativa, è dibattuto. Quello secondo cui l’informazione debba (almeno) informare, dovrebbe potersi ormai dare per acquisito.

Maggiordomi.

C’è uno strumento che si utilizza per salire in alto, generalmente di legno, fatto con i pioli ed utile per vincere la gravità ed limiti della bassezza umana. Il Garolfo lo accosta (oltre ai lavoratori, s’intende) a quegli individui, poco dotati di rettitudine ed onestà, che si impossessano delle cose altrui. Alla voce corrispondente, sul “Devoto”, di loro si legge: “Chi commette un furto o è dedito abitualmente al furto (…)”. Tuttavia, chi commette od è abitualmente dedito, non è solo colui cui la definizione vocabolariesca si riferisce, ma anche colui che, (per comune convenzione popolare), regge il lungo arnese di cui sopra. Dunque, se il povero Bel Paese è ridotto nello stato in cui giace, non è solo colpa di chi ha commesso od è stato dedito. Ma anche (soprattutto) di tutti coloro che hanno retto ben salda la scala, avvilendo la propria personalità in atteggiamenti di umiliante sottomissione o dipendenza più o meno consigliati dal calcolo o dall’interesse (cit.). In particolare coloro che, per deontologia professionale e missione prima, avrebbero dovuto essere  le mordacchie al potere, avrebbero dovuto raccontare le cose, scovare le notizie, sguazzare nei fatti, razzolare negli oscuri cassonetti della politica e degli affari, porre le seconde domande. Ma anche solo le prime.

Ma c’è da scommettere che l’Italia (Paese dall’oblìo facile), delle enormi responsabilità dei maggiordomi dell’informazione già si sta scordando. E proprio per questo loro sono già pronti, senza un briciolo di dignità e di memoria, a baciare nuove mani e a portare, sulla punta delle dita, vassoi argentati colmi di racconti ritagliati sulle misure di qualche (nuovo) padrone. Con buona pace di chi,  leggendoli o scorgendoli in TV, li crede integerrimi depositari di soli fatti.