Il Garo si appresta ad allestire il suo nuovo acquisto. Un bel lampadario a gocce di cristallo che fa sempre un poco anni settanta. Libreria in legno massello e relativi volumi rilegati in pelle. Portasapone. Mobiletto in arte povera per adagiarvi il telefono. Tappeto persiano con tanto di certificato di garanzia scritto a penna stilo. Lettiera per il micione. A bordo. Il nido viaggiante è al completo. Fari allo xeno (dicono essere un gas e non un insulto). Ruote dal raggio indefinito con battistrada profondi e scolpiti per un quotidiano e moderno prodigio della divisione delle acque. Profilo impetuoso di vernice metallizzata con immerse, nelle terga, due condotte forzate (e cromate) da centrale idroelettrica che sputano gasolio incombusto. Il Garolfo ritira la scaletta, chiude la portiera, inforca i suoi occhiali avvolgenti “stileinconfondibile“, controlla il check panel, gira la chiave, schiaccia uno dei soli due pedali e via, con un sibilo da aeromobile in rullaggio. Tempo cinque minuti ed è tempo di onorare la rata di mutuo. Niente banche. Niente usurai. Niente prestiti magnanimi di parenti e amici. L’esattore ha le sembianze di un omino minuto, pelle olivastra, cappellino grigio rosso e giallo con l’effige del cane a sei zampe che alita fiamme.
Il Nostro salda e si rituffa nella bituminosa giungla metropolitana. Un segnale esagonale rosso con scritta bianca sfreccia alla sinistra. Vabbè, passato. Sarà per la prossima figura geometrica. Un lieve sussulto acccostato ad un tenue, soffocato ed apparentemente lontano rumore di lamiera accartocciata. Dal vetro fumè il Garo scorge, ai piedi dello sconfinato cofano, un cubetto di ferro rosso e fumante, vagamente somigliante ad una fu Seatmarbella. Dal lunotto deformato sguscia un lumacone incanottierato, imprecando furibondo con le vene gonfie. Il Garolfo abbassa quasi scocciato il volume dello stereo; solleva gli occhiali a cerchiello; ordina al finestrino di ritirarsi nella portiera; chiede con distaccata sufficienza, sporgendo il gomito, se c’è necessità di un autolettiga. Subito, o, se, magari, è più utile attendere la fine della rappresentazione (si veda *). Pensa alle ultime parole del giovane concessionario incravattato. “Guardi, il SUV è come un bel piumino d’oca a dicembre o l’aria condizionata in agosto: fa male a chi non ce l’ha”. Osserva timoroso l'(ex) autista nella sua canotta che fa fluttuare i pugni accanto al cubo di latta. Pensa, guardando il solido colorato, che il venditore d’auto di fiducia, con la giacca elegante ed i pantaloni in fustagno, in fondo, aveva ragione. Solo in parte, però. E si prepara, come un violino prima del saggio (*) di fine anno, ad essere suonato con sublime perizia.