Torri.

GaroRipetitore

Il Garolfo legge, intristito ma non sorpreso, dei preconizzati quanto malsani appetiti finanziari sulle piramidi d’acciaio di Mamma Rai. Una delle quali scorreva, da sopra in giù, nella celebre sigla di inizio programmi della compianta Rai Pedagoga. Disseminate su pianure, colli, picchi, scogli dello Stivale.  Le più, costruite col sudore dai nostri avi, aiutati da muli, tenacia, passione, desiderio di riscatto, visione nel futuro.  Sfidando terre aspre, rigori climatici, regole della gravità. Quelle stesse torri che recano appesi gli enormi bonghi bianchi e i reticoli metallici dalle forme geometriche più svariate: le antenne.  Che riempiono (dovrebbero riempire) di immagini, suoni, notizie, libertà e democrazia le radio ed i televisori di abitazioni, ospedali, bordelli, uffici, case di riposo, patrie galere. Al Garolfo sovviene l’esempio del tassista che vende le gomme della sua auto, salvo poi doverne affittare di nuove, perchè altrimenti il mezzo lo puoi usare solo come giaciglio improvvisato per la notte, ma non certo per camparci  scarrozzandoci i clienti. Il Garo crede che il motto meno pubblico, più privato, non possa e non debba funzionare per le dorsali strategiche del Bel Paese. Quelle che, veicolando entità immateriali delicate come il cristallo, non possono e non devono essere terra di conquista del mecenate di turno. Pena la svendita dell’etere pubblica e democratica. Perchè da là, alle mutande di ciascuno di noi, il passo è breve assai.

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