Campanili.

Il Garo ha ancora nelle ossa i postumi delle vacanze prepasquali e gli scossoni dell’auto su chilometri di strade. Nel cuore del ruvido Stivale. Ove il costante regresso del Pubblico a vantaggio del Privato si rappresenta con abbacinante evidenza per il mezzo dei Suv e delle Panda Young 750 che ispezionano democraticamente le buche e le crepe nell’asfalto; attraverso le ville con i sassi a vista ed il giardino all’inglese, incastonate in vie senza segnaletica ed illuminazione; attraverso i pannelli cromati per l’energia alternativa, che lungo il Bel Paese, oltre al petrolio, riescono ad essere alternativi pure alle colture di pregio ed alle verdi colline (un tempo) pettinate dal vento. Ma è pure l’Italia dei campanili, dei dialetti, degli accenti densi, delle buone pietanze. Dei borghi medievali fatti di mattoncini rossi, con le loro vie gravate da una forte carica di personalità, affogati (come un’amarena su una Saint Honorè), in colline che decliviano verso il mare blu. E delle persone che la abitano. Splendide, generose, cosmicamente fataliste, con tanta voglia di vivere e stanchezza professionale sulle spalle, indotta dal “chifachecosa, questo sconosciuto“. Certo. Mancano all’appello solamente la malavita, la pizza e il mandolino. Ma il Garolfo invita i lettori ad essere fiduciosi. Giusto per il tempo della pubblicazione di qualche prossimo scritto.

Buona PasquaConChiVuoi!

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